Il compleanno di Diego Giacometti


Fondazione Luigi Rovati celebra il 120° anniversario della nascita di Diego Giacometti, uno dei massimi artisti e designer del XX secolo.

Nel marzo 2023 Fondazione aprirà la prima mostra realizzata in Italia e a lui dedicata, curata dallo storico dell’arte Casimiro Di Crescenzo e organizzata con PLVR Zürich. Le opere saranno esposte al piano nobile del palazzo dove è già possibile ammirare la Lanterne à quatre lumières, opera unica realizzata nel 1983 per la mecenate Bunny Mellon.

 

Diego è il secondogenito del pittore post-impressionista Giovanni Giacometti e di Annetta Stampa, e deve il suo nome all’amore che il padre nutriva per Diego Velázquez. Nasce a Borgonovo in Val Bregaglia, in Svizzera, il 15 novembre 1902, 13 mesi dopo Alberto, il fratello maggiore con il quale vivrà poi a Parigi in un rapporto fraterno così profondo che non ha uguali nella storia dell’arte del XX secolo. La prima scultura di Alberto è una Testa di Diego, realizzata nel 1914-1915. Al contrario di Alberto, che ben presto annuncia la sua volontà di diventare un artista, la formazione di Diego è più lunga e accidentata. Studente svogliato al collegio di Schiers, dove invece Alberto si distingue per gli ottimi voti, Diego frequenta dal 1919 una scuola di commercio a Basilea. In questi primi anni cambia spesso città e lavoro: risiede a Basilea e a Chiasso e nel 1923 soggiorna anche a Marsiglia, i frequenti spostamenti rivelano un’insoddisfazione esistenziale. Si contraddistingue invece per l’impeccabile eleganza nel vestire: da giovane era considerato il più bello in famiglia ma anche la pecora nera.

 

Nel 1925, Diego decide di andare a vivere a Parigi e raggiungere così Alberto, che dal 1922 seguiva il corso di scultura di Antoine Bourdelle all’Accademia de la Grande Chaumière. Trova lavoro come contabile, prima in una fabbrica di Saint-Denis, poi in un ufficio. Anche i primi anni a Parigi sono turbolenti: stancatosi presto della vita da impiegato si dedica con un amico italiano a piccoli commerci di fortuna in Francia e in Italia, arrivando anche in Egitto nel 1928. Questa fase della vita di Diego termina con un insuccesso economico e nell’ottobre del 1929, Alberto, da poco diventato un artista famoso, incapace di far fronte al proprio lavoro e alle numerose commissioni che gli vengono offerte, gli domanda di lavorare con lui, offerta che Diego accetta nel febbraio del 1930. Da questa data, la vita di Diego si fonde indissolubilmente con quella di Alberto. Di carattere schivo e riservato, vive felice all’ombra del fratello: Diego è geloso della propria intimità e indifferente alla mondanità. Nel 1933 ha il proprio atelier al 46 di rue Hippolyte-Maindron, di fronte a quello di Alberto. Quando, molto più tardi, questo primo atelier sarà distrutto per ampliare il giardino confinante, Diego affitterà quello posto dopo l’abitazione di Alberto in fondo allo stesso corridoio. Affitta un appartamento al 199 di rue d’Alesia dove vive con Nelly Constantin, sua compagna per vent’anni. Nel 1961, Alberto compra per Diego la casa al 57 di Rue du Moulin Vert, dove vivrà fino alla morte, e dove istalla un’officina al piano terra.

 

Negli anni Trenta, Diego collabora con Alberto come assistente eseguendo le versioni in marmo delle sculture, realizzando gran parte degli oggetti decorativi disegnati per il decoratore d’interni Jean-Michel Frank, e occupandosi soprattutto di tutti gli aspetti pratici del lavoro, permettendo così ad Alberto di concentrarsi sulla creazione e di vivere secondo il ritmo di vita a lui più congeniale. La giornata di Alberto, tutta focalizzata sul lavoro, inizia nella tarda mattinata: gli piace vivere la notte e passare le serate conversando d’arte, filosofia e letteratura nei caffè di Montparnasse e Saint Germain-des-Prés, per poi ritornare nell’atelier e continuare a lavorare fino all’alba. Diego, invece, ha un ritmo di vita molto più metodico, inizia la giornata di mattina presto, sapendo già cosa deve fare, per rincasare la sera. Nel 1935, oltre a posare per il fratello e ad assisterlo nel lavoro, inizia a eseguire i primi lavori su commissione per proprio conto per Jean-Michel Frank, Elsa Schiaparelli, Lucien Lelong e Guerlain. Nel 1938 decide di firmare le sue opere solo col proprio nome, per timore che qualcuno potesse pensare che voglia approfittare della notorietà del fratello.

 

Lo scoppio della Seconda guerra mondiale mette tragicamente fine a quest’epoca. Nel giugno del 1940 Parigi è occupata dai nazisti e Alberto, Diego e Nelly tentano di fuggire in bicicletta per trovare rifugio nel sud della Francia, ma sopravanzati dalle truppe tedesche, sono costretti a rinunciare al loro proposito e a rientrare nella capitale francese. Molti collezionisti e amici sono fuggiti dalla Francia, anche Jean-Michel Frank che muore suicida a New York. Alberto lascia Parigi il 31 dicembre 1941 per andare a trovare la madre a Ginevra, convinto di poter ritornare dopo pochi mesi. Diego resta a Parigi per non lasciare incustoditi i loro atelier, contando di poter a sua volta partire per la Svizzera dopo il rientro del fratello. Invece, nel 1942 le autorità francesi annullano i visti di ingresso e di uscita dal paese e due fratelli sono così separati. Alberto resta a Ginevra fino al settembre del 1945 e Diego vive gli anni più duri dell’occupazione in compagnia dei pochi amici artisti rimasti: Francis Gruber, André Marchand, Claude Vénard e Jean Barluet. Lavora per il decoratore Jacques Adnet, ha commissioni da parte di Lucien Lelong e del grafico pubblicitario Cassandre. Segue il corso di scultura all’Accademia Ranson, dove insegna anche Francis Gruber, assistito da Jean Barluet e trova un impiego presso la Fonderia Gianini dove apprende la tecnica della patinatura del bronzo tanto da essere definito dallo stesso Gianini “L’as de patines” (l’asso della patina). Si dedica alla produzione di oggetti in ceramica e realizza tre uccelli fantastici, simili a chimere, per Georges Bernstein, futura moglie di Francis Gruber. Con questo pittore, malato da tempo di tubercolosi, l’amicizia è particolarmente forte: Diego gli sarà vicino fino alla sua prematura scomparsa nel 1948.

 

Con la fine della guerra e il ritorno di Alberto a Parigi, la vita riprende la sua normalità. Diego è sempre a fianco del fratello, disponibile per ogni sua esigenza sia come modello per lunghe ore di posa, sia come collaboratore indispensabile, conoscendo a fondo il carattere e le finalità creative del fratello. È ora Diego a occuparsi dei calchi in gesso delle sculture realizzate da Alberto in argilla, e della patinatura dei bronzi. Il successo ottenuto dalle nuove, filiformi sculture di Alberto, sancito dalla sua personale alla Pierre Matisse Gallery di New York nel gennaio del 1948, porta con sé la richiesta di nuovi lavori decorativi, oltre alla riedizione di alcune delle lampade create per Jean-Michel Frank. Dal 1948, Alberto crea dei nuovi lampadari e Diego accetta commissioni da parte dell’editore Louis Broder e del mercante Heinz Berggruen, per poi creare i propri mobili destinati all’inizio a una ristretta clientela, per lo più amici e collezionisti di Alberto.

 

L’amicizia con Marguerite e Aimé Maeght, la cui galleria rappresenta dal 1951 Alberto in Francia e in Europa, è un grande sostegno per Diego, che realizza per loro numerose creazioni. Pierre Matisse, che dal 1947 è il mercante di Alberto a New York, gli garantisce notorietà e nuova clientela anche negli Stati Uniti. Progressivamente, i progetti commissionati a Diego aumentano e con loro aumenta il numero di estimatori desiderosi di possederne uno, come il produttore cinematografico Raoul Levy, il decoratore di interni Henri Samuel e il mercante d’arte Eberhard W. Kornfeld. Iniziano anche le commissioni pubbliche. La prima è la decorazione completa della Fondazione Maeght inaugurata nel 1964 a Saint Paul de Vence, seguita dalla decorazione del raffinato bar della Kronenhalle di Zurigo aperto nel 1965, e poi nel 1972 l’arredo del Museo Chagall di Nizza.

 

La morte inaspettata di Alberto nel gennaio del 1966 è un duro colpo per Diego, che ne rimane profondamente abbattuto. Continua il suo lavoro dividendosi tra l’atelier di rue Hippolyte-Maindron e quello di casa in rue du Moulin Vert e la sua clientela diventa sempre più internazionale e famosa: Hubert de Givenchy, Bunny Mellon, Farah Diba. Tutti rimangono affascinati dalla grazia dei suoi lavori, perfetti nelle proporzioni e le linee essenziali e semplici, ingentiliti dalla presenza di un fantasioso bestiario che aggiunge un tocco di poesia fiabesca.

 

Arrivato a ottanta anni, Diego accetta quella che sarà l’ultima sua commissione, vissuta come una sfida, pienamente vinta: la decorazione per le sale del nuovo Museo Picasso a Parigi, allora in costruzione. Diego deve operare su un doppio registro: da una parte i suoi lavori devono inserirsi negli ampi spazi dello storico palazzo e dall’altra dialogare con le opere di Picasso. Accresce quindi la dimensione delle sue creazioni e, contemporaneamente, le spoglia del superfluo, riducendole a delle pure forme geometriche che si librano nello spazio. Le lodi e l’ammirazione per il suo lavoro furono unanimi; purtroppo, il Museo Picasso fu inaugurato nel settembre del 1985, poche settimane dopo la morte di Diego avvenuta il 15 luglio. Le sue ceneri sono ora nel cimitero di San Giorgio a Borgonovo in Val Bregaglia, accanto alla tomba di Alberto e dei suoi famigliari.

 

Testo di Casimiro Di Crescenzo
Photo credit: © Pino Guidolotti